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Bottega di Raffaello
La Madonna di Leigh Court, 1510 - 1520
olio su tavola
103 x 80 cm
Il dipinto, così denominato dal luogo in cui l'opera risultava inventariata dal 1822, ovvero la dimora di campagna del maniate di Bristol, Philippe John Miles (1773 - 1845), era menzionato come dipinto di Raffaello e celebrato come versione "altra" rispetto alla celebre Madonna del velo, oggi conservata al Musée Condé di Chantilly.
Quest'ultima, ora considerata in maniera definitiva come il prototipo della madonna raffaellesca, non sempre ha goduto della stessa fortuna attribuzionistica. Adolfo Venturi, nella sua monografia su Raffaello del 1935, considerava proprio la Madonna di Light Court qui presentata come "l'originale di tante imitazioni della madonna che, al tempo napoleonico, sparì dalla Basilica lauretana". E dello stesso parere furono, dopo di lui, Bernard Berenson, Georg Gronau, Roberto Longhi e Federico Zeri. Anche Maurizio Marini, in un'expertise del 21 Marzo 2001, sostiene questa tesi portando come primario termine di confronto le dimensioni del dipinto in catalogo: rispetto alle misure della tavola di Chantilly, quelle del dipinto qui presentato sarebbero più prossime al suo probabile pendant, il Ritratto di Giulio II conservato oggi alla National Gallery di Londra. Inoltre, le cromie intense, l'utilizzo di colori molto costosi e l'alta qualità dell'opera inducevano lo studioso a definire l'opera di autografia totalmente raffaellesca, in particolare per la trasparenza del velo e per lo straordinario timbro madreperlaceo dei bianchi.
Diversamente, nella descrizione della celebre vendita parigina della collezione Sedelmeyer del 1907, la tavola sarebbe stata schedata come autografa di Giulio Romano. Dello stesso parere è anche Fabrizio Biferali, il quale ha approfonditamente studiato l'opera per la Mostra "La Madonna di Loreto di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un'opera" (Loreto, Museo Pontificio Santa Casa, 18 Luglio - 7 Ottobre 2001) e il quale ravvisa, in egual maniera, la mano di Giulio Romano, in particolare modo nella figura della Madonna e del Bambino.
In questa sede, più prudenzialmente, si attribuisce l'opera alla bottega di Raffaello, nonostante le indagini diagnostiche, tra cui la riflettografia a infrarossi e i raggi X rivelino diversi pentimenti, condotti da mano così sicura tale da far propendere per una stesura disegnativa compiuta da un grande Maestro, più che da allievi di bottega.
Si ringrazia il professor Biferali per aver concesso l'utilizzo del Suo studio sulla Madonna di Leight Court, nonostante l'opera non abbia di fatto più partecipato alla suddetta mostra e, di conseguenza, la scheda non abbia fatto parte del catalogo della stessa.
Provenienza :
Richard Hart Davis, M.P. (1766–1842), acquisito in Italia ante 1822;
Bibliografia :
A. Venturi, Raffaello, Milano, Mondadori, 1935, (come Raffaello).
Catalogue des tableaux composant la collection Ch. Sedelmeyer, 2 voll., Paris, 1907, p. 176, (come Giulio Romano).
F. Biferali, studio inedito per la mostra La Madonna di Loreto di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un’opera, Loreto, Museo Pontificio Santa Casa, 18 luglio – 7 ottobre 2001 (scheda non pubblicata).
Quest'ultima, ora considerata in maniera definitiva come il prototipo della madonna raffaellesca, non sempre ha goduto della stessa fortuna attribuzionistica. Adolfo Venturi, nella sua monografia su Raffaello del 1935, considerava proprio la Madonna di Light Court qui presentata come "l'originale di tante imitazioni della madonna che, al tempo napoleonico, sparì dalla Basilica lauretana". E dello stesso parere furono, dopo di lui, Bernard Berenson, Georg Gronau, Roberto Longhi e Federico Zeri. Anche Maurizio Marini, in un'expertise del 21 Marzo 2001, sostiene questa tesi portando come primario termine di confronto le dimensioni del dipinto in catalogo: rispetto alle misure della tavola di Chantilly, quelle del dipinto qui presentato sarebbero più prossime al suo probabile pendant, il Ritratto di Giulio II conservato oggi alla National Gallery di Londra. Inoltre, le cromie intense, l'utilizzo di colori molto costosi e l'alta qualità dell'opera inducevano lo studioso a definire l'opera di autografia totalmente raffaellesca, in particolare per la trasparenza del velo e per lo straordinario timbro madreperlaceo dei bianchi.
Diversamente, nella descrizione della celebre vendita parigina della collezione Sedelmeyer del 1907, la tavola sarebbe stata schedata come autografa di Giulio Romano. Dello stesso parere è anche Fabrizio Biferali, il quale ha approfonditamente studiato l'opera per la Mostra "La Madonna di Loreto di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un'opera" (Loreto, Museo Pontificio Santa Casa, 18 Luglio - 7 Ottobre 2001) e il quale ravvisa, in egual maniera, la mano di Giulio Romano, in particolare modo nella figura della Madonna e del Bambino.
In questa sede, più prudenzialmente, si attribuisce l'opera alla bottega di Raffaello, nonostante le indagini diagnostiche, tra cui la riflettografia a infrarossi e i raggi X rivelino diversi pentimenti, condotti da mano così sicura tale da far propendere per una stesura disegnativa compiuta da un grande Maestro, più che da allievi di bottega.
Si ringrazia il professor Biferali per aver concesso l'utilizzo del Suo studio sulla Madonna di Leight Court, nonostante l'opera non abbia di fatto più partecipato alla suddetta mostra e, di conseguenza, la scheda non abbia fatto parte del catalogo della stessa.
Provenienza :
Richard Hart Davis, M.P. (1766–1842), acquisito in Italia ante 1822;
Philippe John Miles (1773–1845), Leigh Court, Bristol, come Raffaello, dal 1822;
Vendita Christie's, Manson & Woods, Londra, asta 28 giugno 1884;
Collezione Sedelmeyer, Parigi (schedato come Giulio Romano);
1907, vendita Collezione Sedelmeyer, Parigi;
1935, Sanremo, collezione Principe Giovanni del Drago;
per discendenza agli eredi; ivi acquistato dall'attuale proprietà.Bibliografia :
A. Venturi, Raffaello, Milano, Mondadori, 1935, (come Raffaello).
Catalogue des tableaux composant la collection Ch. Sedelmeyer, 2 voll., Paris, 1907, p. 176, (come Giulio Romano).
F. Biferali, studio inedito per la mostra La Madonna di Loreto di Raffaello. Storia avventurosa e successo di un’opera, Loreto, Museo Pontificio Santa Casa, 18 luglio – 7 ottobre 2001 (scheda non pubblicata).
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